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domenica 26 agosto 2012

Donne e lavoro: cosa cambia dopo la Riforma Fornero

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Una delle più grandi anomalie del mercato del lavoro italiano è il tasso di occupazione femminile molto più basso rispetto a quello maschile (46% contro 67%).
Le ragioni sono molteplici, ma le più rilevanti sono: la tendenza delle donne ad abbandonare il lavoro dopo la nascita del primo figlio (circa un terzo di esse); sono coloro che si prendono maggiormente (quasi totalmente) carico del lavoro di cura in famiglia e questo rende impossibile alle donne la conciliazione con una qualsiasi attività lavorativa svolta al di fuori delle mura domestiche. Secondo un'indagine ISTAT del 2008, sono le donne a svolgere il
77% del lavoro famigliare.
Questo notevole gap che colpisce il genere femminile è stato affrontato nella Riforma Fornero (Legge 28 giugno 2012 n. 92) con diversi strumenti e inizierò propriamente da quello a mio parere più importante: la reintroduzione del tema delle dimissioni in bianco, affrontato per la prima volta nel 2007 con la Legge n. 188,  abrogato successivamente nel 2008 dal Governo Berlusconi. La CGIL ha sostenuto fortemente che la questione delle dimissioni in bianco non venisse dimenticata nella Riforma, in quanto affligge, soprattutto, le donne e i lavoratori stranieri.
Dal 18 luglio 2012, infatti, il datore di lavoro, dopo la presentazione delle dimissioni da parte del lavoratore, dovrà, entro trenta giorni da quest'ultima, inviare al lavoratore l'invito alla convalida delle dimissioni presso la Direzione Territoriale del Lavoro o il Centro per l'Impiego: in assenza dell'invito, le dimissioni o la risoluzione consensuale risulteranno inefficaci. Entro sette giorni dalla ricezione dell'invito, il lavoratore potrà
scegliere se convalidare, sottoscrivere o revocare le dimissioni (questa è la vera novità!) in forma scritta.
Se entro sette giorni dalla ricezione dell'invito, il lavoratore non eserciterà alcuna di queste opzioni, il rapporto sarà comunque risolto. In ogni caso, per i genitori lavoratori la richiesta di dimissioni durante i primi tre anni del figlio, dovranno sempre essere convalidate di fronte al servizio ispettivo del Ministero del Lavoro.
Un'ulteriore novità più simbolica che effettiva, è l'introduzione del congedo di paternità obbligatorio di un solo giorno: occorre affermare che il Parlamento Europeo nell'ottobre del 2010 aveva garantito però un congedo obbligatorio di due settimane, come viene effettuato, ad esempio, in Spagna.

Un fatto inaspettato a mio parere, è stata la previsione dell'erogazione di voucher spendibili per servizi di cura del figlio (nidi privati, pubblici e baby sitter), prima previsti solo in Emilia Romagna. L'introduzione dei voucher non sono solo utili per i genitori lavoratori, ma ha dei risvolti economici positivi, in quanto incentiva l'affioramento del lavoro nero creando nuovi posti di lavoro tradizionalmente occupati soprattutto da donne). Il lavoro femminile, infatti, genera un aumento della domanda di servizi con conseguente crescita dell'occupazione generale, quindi contribuisce anche ad innalzare il PIL nazionale.
L'unico intervento della Riforma a sostegno della domanda riguarda le agevolazioni per le assunzioni di donne prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, che risiedono in una delle regioni beneficiarie dei fondi strutturali e comunitarie (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) e anche donne di qualsiasi età ovunque residenti prive di un impiego retribuito da almeno due anni. In caso di assunzione, è previsto uno sgravio contributivo del 50% a favore del datore di lavoro, per le assunzioni effettuate dal 1° gennaio 2013 e si applica per dodici mesi nei contratti a termini, diciotto mesi per quelli a tempo indeterminato.
In questa Riforma sono stati fatti alcuni passi per consentire alle donne un migliore accesso al mercato del lavoro, ma ciò non è sufficiente per realizzare una piena parità di generi sul piano, sia lavorativo, che famigliare.
Siccome è altamente constatato che un aumento dell'occupazione femminile creerebbe di riflesso ulteriori posti di lavoro, perché il Governo Monti durante la cosiddetta "Fase Due" non parte proprio da questo tema per promuovere la crescita del nostro Paese?

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