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martedì 16 ottobre 2012

La dignità delle donne sul posto di lavoro

Colonna sonora consigliata per l'articolo:
http://www.youtube.com/watch?v=3CUr0bnDCfM


"Non si è più vittime, dal momento in cui si esce dal silenzio"



"Si considera molestia qualsiasi atteggiamento che provochi oltraggio alla dignità o alla integrità fisica e psichica della persona. Spesso la molestia prende il via da avvenimenti che possono sembrare irrilevanti in un primo momento, può succedere di sdrammatizzare battute e scherzi di cattivo gusto e poi trovarsi incastrati in
una rete subdola di manipolazioni e di agiti che hanno lo scopo di mettere la persona molestata in condizioni di inferiorità".
Non finirò mai di stancarmi di parlare di questo argomento, anche perché una donna su tre, nel corso della sua vita, è stata vittima di molestie sul posto di lavoro.
Non è solo umiliante subire sul momento certe angherie e certi gesti non desiderati, ma il continuo susseguirsi di maltrattamenti e mortificazioni disorienta la vittima, portandola in un rapporto asimmetrico e privandola di un qualsiasi tipo di reazione o difesa. La debolezza della vittima viene sfruttata a tal punto che quest'ultima finirà per dare ragione al suo molestatore.
E' facile esercitare il proprio potere con chi è inferiore, non c'è una vera lotta, ma solo la certezza di vincere e di essere i più forti. Nelle situazioni di molestia sul posto di lavoro, il superiore utilizza il suo potere per sentirsi valorizzato, ha bisogno di nutrire la sua fragile identità schiacciando la sua dipendente che, per paura di essere licenziata, sopporta il più delle volte in silenzio. A volte si fa abuso del proprio potere per mascherare la propria incompetenza: se qualcuno, ed in particolare una donna, costituisce un ostacolo o in generale rappresenta una minaccia, deve essere allontanato, penalizzato. Queste persone agiscono con l'intento di disarmare la donna, impedendole di difendersi. Se la dipendente ha capacità, creatività, si fa in modo di boicottare il suo spirito di iniziativa, le si impedisce di pensare, la si persuade della sua incompetenza e, se la sfortunata reagisce, si fa in modo di isolarla, la si ignora, si boccia qualsiasi sua proposta. In un secondo momento sopraggiungono le umiliazioni che possono arrivare alla violenza fisica e molestia anche sessuale: tutti i mezzi sono buoni per distruggere la donna presa di mira. Svalutare l'altro per conquistare stima di sé è un atteggiamento riprovevole, chi usa violenza è convinto che l'altro lo meriti e che non abbia diritto di lamentarsi.
Chi approfitta della propria posizione sul posto di lavoro per molestare sessualmente le proprie dipendenti non è certo persona in grado di provare dei sensi di colpa. Sono personalità narcisiste che, avendo subito nell'infanzia ferite profonde, cercano di mantenersi in equilibrio scaricando su altri sofferenze che non riescono neanche a percepire. Convinti della propria grandezza, hanno fantasie di successo smisurato, un continuo bisogno di sentirsi ammirati, credono che tutto gli sia dovuto, si sentono speciali, non sono in grado di essere empatici, sono invidiosi e arroganti. Per queste persone, gli altri non esistono in quanto individui, ma come "specchi", sono cioè necessari per alimentare la propria sicurezza di "esistere". Il superiore di un'azienda che molesta una dipendente ha bisogno di usare il suo potere per evitare la propria morte psichica, proprio come un vampiro che ha bisogno di succhiare il sangue di vivi per vivere egli stesso. E' un meccanismo di natura perversa che spinge chi è privo di sostanza a riempirsi di qualcos'altro e, se non ci riesce, a distruggerlo. Il fascino "ingannevole e artefatto" di queste personalità sta nella loro megalomania: si mostrano come punti di riferimento, dispensatori del bene e del male, sono brillanti, intelligenti, acuti, cercano la relazione con l'altro solo per sedurlo. I loro rapporti sono privi di ogni forma di affettività, non conoscono sentimenti veri, quando avviene una separazione o una delusione reagiscono con una rabbia distruttiva e un forte desiderio di vendetta. Possiamo immaginare cosa succede quando una donna, tra l'altro loro dipendente, li rifiuta, cercando di difendere la propria identità.
Dopo un breve excursus sull'argomento, posso solo affermare che, non solo queste situazioni sono determinate da un abuso di potere, ma anche dal maschilismo sfrenato che ancora permane in Italia e, soprattutto, sui luoghi di lavoro anche perché le posizioni gerarchicamente più elevate in azienda sono occupate in maggioranza da uomini. L'unica cosa da fare è che la vittima di  molestia parli subito con i colleghi e cerchi sostegno negli amici e famigliari ed è molto importante rispondere con un no, senza giustificazioni, alle avance del molestatore.
Non si è più vittime nel momento in cui si esce dal silenzio.

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