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profondo rosso a mano a mano che gli uomini non potevano più inserire ore di lavoro nelle loro giornate e il numero delle madri lavoratrici era raddoppiato, in questo modo vi è stata una relazione significativa tra debito e stagnazione salariale. Bartolini, nella sua opera intitolata “Manifesto sulla felicità” (2010) afferma che la felicità degli americani tende a diminuire nonostante la maggior ricchezza, quelli che si sentono molto felici sono passati dal 38% del 1972 al 34% del 2006, mentre il PIL pro capite è raddoppiato; inoltre sono aumentati i suicidi, l’utilizzo di psicofarmaci, gli stati depressivi e le malattie mentali. L’ipotesi è che lo sviluppo forsennato di consumi privati serva a controbilanciare il venir meno dei beni relazionali, in questo modo si verifica il degrado di questi beni che sono gratuiti e comuni. Ma il venire meno di questi beni contribuisce alla crescita economica in una spirale perversa. Ad esempio se non abbiamo tempo e ne voglia o capacità di coltivare amicizie, per passare il tempo acquisteremo tutti i prodotti dell’intrattenimento domestico e solitario. Si verifica una trasformazione degli stili di vita che richiedono più denaro. Purtroppo arricchirsi di beni non soddisfa il cittadino tipo se le sue persone di riferimento sono più fortunate, il quale corre su un tapis roulant: guadagna denaro, ma perde relazioni umane, vive in un ambiente inquinato, ha meno fiducia nelle istituzioni ed è tormentato da invidia sociale. Per compensare la mancanza di onestà, solidarietà e della famiglia, il cittadino tipo dovrebbe guadagnare 67 mila dollari in più e se privo di relazioni dovrebbe averne 320 mila dollari in più. Da tutto ciò si evince che gli individui hanno dovuto integrare il proprio reddito da lavoro con la carta di credito per inseguire consumi infelici e ciò ha portato a una crescita negativa dell’economia.
3.6. Bartolini: la crisi come corsa alla felicità.
Perché le famiglie americane si erano tanto indebitate fino a raggiungere un’esposizione notevolmente superiore al PIL? Avevano un’irrefrenabile urgenza di consumare sempre di più. Come afferma Robert Reich, ex Ministro del Lavoro, la classe media è andata inprofondo rosso a mano a mano che gli uomini non potevano più inserire ore di lavoro nelle loro giornate e il numero delle madri lavoratrici era raddoppiato, in questo modo vi è stata una relazione significativa tra debito e stagnazione salariale. Bartolini, nella sua opera intitolata “Manifesto sulla felicità” (2010) afferma che la felicità degli americani tende a diminuire nonostante la maggior ricchezza, quelli che si sentono molto felici sono passati dal 38% del 1972 al 34% del 2006, mentre il PIL pro capite è raddoppiato; inoltre sono aumentati i suicidi, l’utilizzo di psicofarmaci, gli stati depressivi e le malattie mentali. L’ipotesi è che lo sviluppo forsennato di consumi privati serva a controbilanciare il venir meno dei beni relazionali, in questo modo si verifica il degrado di questi beni che sono gratuiti e comuni. Ma il venire meno di questi beni contribuisce alla crescita economica in una spirale perversa. Ad esempio se non abbiamo tempo e ne voglia o capacità di coltivare amicizie, per passare il tempo acquisteremo tutti i prodotti dell’intrattenimento domestico e solitario. Si verifica una trasformazione degli stili di vita che richiedono più denaro. Purtroppo arricchirsi di beni non soddisfa il cittadino tipo se le sue persone di riferimento sono più fortunate, il quale corre su un tapis roulant: guadagna denaro, ma perde relazioni umane, vive in un ambiente inquinato, ha meno fiducia nelle istituzioni ed è tormentato da invidia sociale. Per compensare la mancanza di onestà, solidarietà e della famiglia, il cittadino tipo dovrebbe guadagnare 67 mila dollari in più e se privo di relazioni dovrebbe averne 320 mila dollari in più. Da tutto ciò si evince che gli individui hanno dovuto integrare il proprio reddito da lavoro con la carta di credito per inseguire consumi infelici e ciò ha portato a una crescita negativa dell’economia.
- Beni posizionali e beni relazionali
Prima
di spiegare le teorie economiche sulla felicità che hanno per
oggetto questo tipo di beni, occorre prima enunciare entrambe le
definizioni.
Per
beni posizionali intendiamo quel sottoinsieme di beni privati che
hanno un vincolo di scarsità sociale, non un vincolo di natura
fisico materiale: la scarsità posizionale è inerente alla natura
sociale delle interazioni economiche1.
Questi beni sono molto importanti all’interno delle economie
avanzate e comporta che la domanda di posizionalità non può essere
soddisfatta da una crescita nel livello assoluto di ricchezza della
società. Se i soggetti sono guidati da un orientamento di tipo
posizionalistico l’utilità soggettiva deriva non dai valori
assoluti, ma dai valori relativi, ossia dalla posizione relativa
valutata rispetto ad uno specifico gruppo sociale di riferimento. Ci
sono certi beni che non vengono scelti perché sono dotati di
particolari caratteristiche intrinseche, ma solo per la loro capacità
di servire da certificatori di status socio economico che molto
spesso è correlata positivamente ai prezzi di mercato di questi
beni; ossia la collettività attribuisce a questi beni un significato
simbolico che è associato dalle norme sociali vigenti.
3.1 Effetto di Veblen
La
diffusione di beni posizionali riguarda soprattutto il ruolo
svolto dai meccanismi di influenza sociale sulle motivazioni dei
singoli individui, come nel caso dell’effetto di Veblen: è un
meccanismo sociale per mezzo del quale l’attività di consumo da
parte di un soggetto ha finalità essenzialmente dimostrative con lo
scopo di certificare lo status socio-economico dell’individuo.
Anche Hirsch nel 1976 aveva compreso che la crescita economica nelle
economie avanzate comporta un aumento di domanda posizionale.
Già
durante l’Illuminismo Hume e Smith hanno affermato che il lusso
anche se a livello individuale è basato sull’inganno è una molla
essenziale per lo sviluppo della ricchezza delle nazioni. Come
afferma Mandeville nella sua famosissima “Favola delle api”, una
società viziosa come l’alveare che alimenta i lussi anziché
contrastarli, produce ricchezza e benessere, mentre le virtù portano
alla rovina economica. Genovesi, che è contemporaneo di Smith,
afferma che il consumo posizionale non è un fenomeno nuovo perché
lo si trova anche nei selvaggi e questo istinto verso la distinzione
sociale deve essere attivato da qualche occasione naturale o civile,
così se questo istinto viene attivato da queste occasioni si ha la
forza (Ercole), l’astuzia (Ulisse), l’ingegno (Archimede).
Genovesi afferma anche che “sono quasi le sole cose per le quali si
distinguono i repubblicani in tempo di rozzezza”2.
Le cose cambiano quando abbiamo a che fare con la vita urbana, dove
il principale mezzo per distinguersi è rappresentato dal lusso, dove
questo fenomeno è strettamente legato alla vita civile e per questo
attecchisce benissimo nelle città. Il discorso è un po’
differente per i beni pseudo-posizionali sui quali ci concentriamo
prendendo come riferimento le economie avanzate.
Prima
di spiegare cosa sono i beni pseudo-relazionali occorre
precisare che l’economia comportamentale evidenzia che i soggetti
sono spesso afflitti da limiti cognitivi di varia natura che li
rendono incapaci di prevedere in modo sufficientemente preciso i
propri livelli di utilità futura. Però queste considerazioni non
sono solo relative al lato della domanda, ma il ragionamento si
incentra sul lato dell’offerta soprattutto in una logica
profit-oriented, perché vi è la tendenza da parte di un numero
molto grande di soggetti for profit ad estendere la platea dei
potenziali fruitori dei beni con valenza posizionale che essi
producono. Infatti questi soggetti hanno colto la natura prettamente
simbolica di numerosi bisogni post-materialistici, così i soggetti
for profit tentano lucidamente non solo di intercettarli, ma anche
alimentarli, accrescendone la diffusione sociale. Possiamo quindi
affermare che i beni pseudo-posizionali sono beni di largo consumo
che costituiscono solo apparentemente un veicolo di posizionalità,
perché la posizione relativa che questi promettono si rivela
inevitabilmente effimera proprio alla luce della natura diffusa di
tale modalità di consumo. Il consumo di questi beni determina
l’impossibilità di poter conferire benefici esclusivi nella misura
in cui la platea dei beneficiari arriva a coincidere con l’intero
universo dei consumatori. In questo modo viene azzerato il valore
simbolico che li rende appetibili agli occhi dei consumatori guidati
da preferenze di tipo posizionalistico: la loro diffusione su larga
scala riduce il grado di scarsità sociale degli stessi. Infatti il
loro “punto forte” è la capacità di produrre simultaneamente
identificazione tra il soggetto che ne fruisce ed il proprio
gruppo di riferimento e differenziazione rispetto al resto
della società nel suo complesso. Questi beni creano uno status
fittizio, in quanto soddisfano il desiderio di posizionalità con
beni che, come ricorda Scitovski, producono subito noia e
frustrazione.
Dopo
aver spiegato cosa sono i beni relazionali, ci soffermiamo
sulla categoria di beni relazionali la quale è stata introdotta
nella seconda metà degli anni ottanta da quattro autori: Martha
Nussbaum, Pierpaolo Donati, Benedetto Gui, Carole Uhlaner. Benedetto
Gui e Carole Uhlaner, per beni relazionali intendono quelle
dimensioni delle relazioni che non possono essere ne prodotte ne
consumate da un solo individuo, perché dipendono in maniera decisiva
dalla natura delle interazioni con gli altri. Donati invece, lo
intende come un bene che può essere prodotto e fruito soltanto
insieme a coloro i quali ne sono gli stessi produttori e fruitori,
tramite le relazioni che connettono i soggetti coinvolti. Anche se la
contribuzione alla produzione del bene può essere asimmetrica,
nell’atto del consumo del bene relazionale, il free riding non è
possibile perché il bene relazionale per essere goduto richiede che
ci si lasci coinvolgere in questa relazione. La teoria economica
tende a vedere i beni relazionali come una realtà distinta dall’atto
di consumo e produzione, infatti mira a separare il bene relazionale
dalla relazione stessa come afferma Gui. Egli stesso propone di
analizzare un incontro tra un venditore e un potenziale acquirente,
dove oltre ai tradizionali outcome, come ad esempio la fornitura di
un servizio, vengono prodotti altri output di natura intangibile
quali i beni relazionali. Di conseguenza per Gui e Uhlaner i beni
relazionali non coincidono con la relazione stessa: l’amicizia non
si rappresenta in quanto tale come un bene relazionale, ma come
un’interazione ripetuta, una serie di incontri e di stati affettivi
di cui il bene relazionale è solo una componente. Martha Nussbaum
invece vede nell’amicizia nell’amore reciproco e nell’impegno
civile tre tipici beni relazionali, nei quali è la relazione a
costituire il bene: infatti essi nascono e muoiono con la relazione
stessa. In tutte le definizioni di beni relazionali, la dimensione
della reciprocità svolge un ruolo essenziale, siccome come
abbiamo notato sono beni dipendenti dalla natura e qualità delle
relazioni interpersonali: l’attività vicendevole e il sentimento
reciproco e la mutua consapevolezza sono una parte tanto profonda
dell’amore e dell’amicizia che Aristotele non è disposto ad
ammettere che una volta tolte le attività condivise e le forme di
comunicazione resti qualcosa degno del nome di amore o di amicizia.
Molto importante è la motivazione che muove l’altro e come
dichiarava Aristotele, l’amicizia più alta non può essere mai
strumentale perché è una virtù. In seguito Martha Nussbaum
sostenne che, per le caratteristiche sopraelencate, i beni
relazionali sono fragili e vulnerabili perché sono legati alla non
controllabilità da parte del singolo agente. Infatti questi beni
dipendono anche dalla libertà di coloro con i quali interagiamo.
Un’ulteriore caratteristica del bene relazionale è la gratuità
nel senso che il bene relazionale è tale se la relazione non è
utilizzata strumentalmente, ma è vissuta in quanto costituisce un
bene in sé e nasce da motivazioni intrinseche.
3.4. Beni relazionali primari e secondari
Donati
opera delle distinzioni nella categoria di beni relazionali
contraddistinguendoli come primari o secondari. Il bene
relazionale secondario è caratterizzato da un outcome che si somma
alle altre componenti prodotte dall’interazione-incontro. Poniamo
infatti che in un incontro vi siano due fonti di utilità di natura
non relazionale dove solo la terza componente è rappresentata dal
bene relazionale. L’eventuale valore nullo di tale componente non
azzera l’utilità complessiva per il soggetto, quindi in questo
caso, il valore del bene in gioco non si annulla per l’assenza del
bene relazionale; se una persona si fa visitare da un medico
tecnicamente bravo, ma con il quale non si crea nessun bene
relazionale, il bene economico “visita medica” conserva la sua
esistenza e un suo valore. La seconda caratteristica dei beni
relazionali secondari è che il valore del bene relazionale può
trovare un valore monetario sostituto del bene stesso. Nel caso di
bene relazionale primario accade che la componente relazionale
dell’incontro non può essere eliminata senza distruggere il bene
stesso che ne annulla il valore. Infatti il bene relazionale è
rappresentato da una produttoria di questo tipo dove la
componente relazionale è un parametro che agisce come componente
moltiplicativa dell’intera sommatoria nella quale come addendi
troviamo le componenti non relazionali dell’interazione. Infatti in
un bene relazionale primario sono sempre presenti le componenti
relazionali generate dall’incontro anche se si tratta di
interazione fortemente caratterizzata da una forte valenza
relazionale come quella interna ad un nucleo famigliare. Tuttavia il
ruolo della relazionalità è essenziale affinché le altre
componenti non relazionali possano produrre “utilità”, perché
se la dimensione relazionalità, la sommatoria individuata sopra non
genera alcun effetto in termini di benessere. Infatti se viene meno
la componente affettivo – comunicativa del rapporto stesso, è
l’intero rapporto che scompare. Occorre aggiungere che i beni
relazionali primari non hanno un valore monetario che possa
supplirli, ossia non sono convertibili in moneta senza che questo
finisca per snaturarli.
3.5. I falsi beni relazionali
Nelle
economie avanzate, come nel caso dei beni posizionali, vengono anche
prodotti surrogati a basso costo di beni relazionali, ossia i falsi
beni relazionali. Un esempio di questi beni sono le “relazioni
simulate” come quelle offerte da Internet e dalla televisione.
Un caso molto emblematico riguardano i reality show: i telespettatori
li vivono come vere e proprie relazioni simulate e assumono un valore
particolare per il fatto che i protagonisti del reality possiedono un
determinato bene posizionale, ossia la notorietà. In altre parole,
una delle ragioni per cui per lo spettatore la relazione simulata ha
senso, si riferisce proprio al fatto che il protagonista, attraverso
il reality show, sta acquisendo notorietà e si differenzia dalla
massa delle persone che non hanno accesso al bene posizionale in
oggetto, pur desiderandolo e assegnando a bene un valore molto
elevato. Lo spettatore consuma un bene che è sia pseudo-relazionale
che pseudo-posizionale perché la relazione simulata genera nello
spettatore l’illusione di consumare lo stesso bene posizionale di
cui invece unicamente i protagonisti del reality sono in possesso.
Bruni
e Stanca nel 2006 attraverso una rilevante indagine campionaria e
individuano un effetto significativo dei beni relazionale sulla life
satisfaction come pure un effetto di spiazzamento del consumo
televisivo sulla relazionalità. Un primo insieme di indicatori
riguarda l’impegno attivo sul fronte del volontariato individuale
in ambito associazionistico; un secondo indicatore attiene al tempo
impiegato nell’ambito di specifici gruppi sociali (parenti, amici,
ecc..). Per capire meglio questo risultato è importante tenere
presente anche il fatto che il consumo di televisione rappresenta la
più importante attività di occupazione del tempo libero nel mondo.
Un altro esempio di consumo di falso bene relazionale riguarda i siti
internet dedicati agli incontri, dove chattare è una simulazione
dell’incontro reale infatti: l’identità della persona conta
molto, vi è simultaneità, e c’è un’assenza di strumentalità.
Questo tipo di relazione sostituisce in modo crescente la relazione
reale, in quanto meno costosa, rischiosa ed esigente. Concludendo,
possiamo giustificare la nascita di surrogati a basso costo, perché
il consumo di beni relazionali primari è altamente time-intensive,
ma oggi il tempo costituisce la risorsa scarsa per eccellenza, in più
questi bene sono dipendenti dalle libere scelte degli altri e ciò li
rende vulnerabili e fragili.
1
Sacco, 1999
2
Lezioni di Economia Civile – Antonio Genovesi
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